IRIDE Circular Lab: dal progetto alla realizzazione, la sostenibilità diventa metodo

Da Milano parte un “laboratorio circolare” che mette allo stesso tavolo progettisti, costruttori e istituzioni: dati condivisi, performance ambientali e realizzazioni virtuose per riscrivere la progettazione di strade, ferrovie e aeroporti

Fuori, il traffico di viale Cassala scorre indifferente; dentro, nell’Agorà del WAO Romolo C30 di Milano, si respira l’urgenza di chi non vuole più accontentarsi di etichette “green”. Il 18 giugno l’Istituto IRIDE ha scelto questo spazio informale – gradoni di legno, luci laterali, microfoni liberi – per inaugurare IRIDE Circular Lab, un laboratorio partecipativo che punta a rivoluzionare l’approccio alla progettazione infrastrutturale italiana.

Il titolo dell’esordio – “Infrastrutture: un equilibrio complesso. Contesti, criticità, soluzioni: la sostenibilità come asset strategico” – riassume la sfida: trasformare la sostenibilità da slogan di fine lavori in criterio guida fin dal progetto di fattibilità. È il motivo per cui Mauro Di Prete e Valerio Veraldi, direttori tecnici di IRIDE e ideatori del Lab, hanno voluto un format “circolare” nel metodo prima ancora che nel nome: ingegneri, costruttori, gestori, accademici e funzionari pubblici seduti sullo stesso piano, a scambiarsi slide, dubbi, numeri e visioni. A moderare, Fabrizio Apostolo di Vision Journal.

Sin dall’apertura il messaggio è stato chiaro: la sostenibilità non può restare uno slogan di fine lavori, deve guidare le scelte di progetto, di cantiere e di esercizio mettendo a sistema le singole esperienze per sviluppare la sostenibilità di un territorio tramite le infrastrutture.

 

Le lezioni dal campo: strade, aeroporti, gallerie

Ha aperto i lavori Marco Colloredo di Milano Serravalle - Milano Tangenziali S.p.A., mostrando la trasformazione dell’importante arteria stradale lombarda: sensori in fibra ottica che diagnosticano la salute dei viadotti, telecamere che riconoscono le merci pericolose, un gemello digitale che allinea traffico, manutenzioni e costi, e un maxi-impianto fotovoltaico da oltre cento megawatt per alimentare la rete e restituire energia pulita al territorio.

Dal traffico autostradale la parola è passata all’aviazione con Davide Bassano (SAVE Group Venezia). Il Masterplan 2037 del Marco Polo – aeroporto incastonato in un sito di interesse comunitario lagunare – combina agrivoltaico, geoscambio e idrogeno verde per centrare lo zero netto di CO₂ al 2030.

Giuseppe Carboni di MGA Reway Group ha poi portato la sostenibilità in galleria: idrodemolizione a circuito chiuso, fresatura robotizzata delle calotte e organizzazione modulare delle squadre hanno permesso di rigenerare dodici metri di rivestimento in una sola settimana di chiusura totale, con rifiuti aspirati in cisterna e acqua riutilizzata fino al sessanta per cento.

Subito dopo, Sara Padulosi (ANAS) ha dimostrato che misurare è la vera rivoluzione: dieci chilometri di variante alla SS 16 valgono duecentotrentottomila tonnellate di CO₂ in cinquant’anni; ridefinire materiali, logistica e capitolati taglia, già in fase cantiere, oltre il quaranta per cento delle emissioni.

 

Il messaggio delle istituzioni

A rafforzare la rotta, il saluto di Andrea Ferrante, presidente del Comitato Speciale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici: «Il nuovo Codice introduce la relazione di sostenibilità al progetto di fattibilità: non un adempimento formale, ma il modo per far entrare ambiente e resilienza nel computo metrico».

 

Gemelli digitali e dati condivisi

Salvatore D’Alfonso di TELT ha raccontato il “gemello unico” della Torino–Lione: modelli 4D che correlano geologia, avanzamento scavo, costi, rischi e perfino infortuni geolocalizzati. All’interno del Club BIM – piattaforma condivisa fra promotore, imprese e direzioni lavori – tutti lavorano sullo stesso dataset, superando la logica delle riserve e delle varianti difensive.

 

Tavola rotonda in gradoni

L’assetto circolare è diventato evidente alla fine, quando relatori e pubblico si sono spostati sui gradoni al centro della sala per un confronto “alla pari”, senza tavolo né posti d’onore. Sara Frisiani (TECNE) ha aperto il giro descrivendo la nuova filosofia di Autostrade per l’Italia: «Un tracciato non può più limitarsi a ridurre l’impatto – deve generare valore ambientale». Ha portato l’esempio dei corridoi verdi paralleli alla carreggiata, dove la messa a dimora di specie autoctone fa da compensazione viva e spinta alla biodiversità.

È toccato poi al fronte aeroportuale. Lorenzo Gusman (SAGAT, Torino) ha mostrato come lo scalo di Caselle stia diventando smart energy hub: fotovoltaico in air-side, contratti di acquisto rinnovabile a lungo termine e colonnine megawatt-charger per i mezzi di piazzale. Davide Canuti (SEA, Milano) ha rilanciato con le sperimentazioni di Malpensa: «L’aeroporto non finisce al perimetro del sedime: l’accessibilità di passeggeri e merci è parte dell’impronta di CO₂ e va governata con ferrovia e bus a idrogeno».

Sul versante cantieri, Marco Sandrucci (PROGER) ha insistito sull’acqua: nei grandi lavori del Sud la carenza idrica è già un fattore critico, perciò si progettano impianti di riciclo in situ e bacini di accumulo temporanei, con monitoraggi in tempo reale su qualità e consumi.

Lorenzo Orsenigo (AIS – Associazione Infrastrutture Sostenibili) ha portato la voce delle imprese, chiedendo che le future linee guida ministeriali integrino i rating esistenti (Envision, ICMQ, UNI/PdR 172) senza moltiplicare la burocrazia, ma facilitando la verifica dei KPI ambientali.

Il ponte fra pratica e ricerca lo hanno lanciato Walter Virgilio (SAGAT) e Andrea Benedetto (Università Roma Tre), proponendo dottorati industriali condivisi e banche dati open source sui materiali riciclati: «L’innovazione non avanza a colpi di slide, ma di sperimentazioni tracciate e replicabili».

A chiudere il cerchio sono stati Alfredo Martini (AIS), ricordando che «formazione continua e cultura condivisa sono la vera infrastruttura di qualunque transizione» e Mauro Di Prete che ha riassunto i lavori della giornata e ha lanciato il percorso che IRIDE Circular Lab intende seguire.

 

Da evento a percorso strutturato

L’appuntamento di giugno è stato solo l’inizio. Nei prossimi mesi il IRIDE Circular Lab si trasformerà in gruppi di lavoro tematici: infrastrutture e contesti territoriali, organizzazione del cantiere e innovazione come leva.

L’obiettivo è la definizione di Distretti Infrastrutturali Sostenibili (DIS) quale modello di gestione di rete di imprese infrastrutturali poste sul territorio in grado di sviluppare “sostenibilità” di un territorio tramite le infrastrutture stesse.

Il lavoro confluirà in una proposta operativa da presentare per la fine dell’anno agli Enti (MIT e MASE, ovvero Regioni ecc) con l’obiettivo di fissare criteri e testare mediante uno o più progetti pilota – strada, ferrovia, aeroporto – e consegnare al Paese linee guida concrete per i DIS.

Partecipare significa entrare in un laboratorio che pretende soluzioni misurabili, non dichiarazioni di intenti: candidature e proposte verranno raccolte con “interviste” ovvero via mail, selezionate e presentate nei prossimi incontri.

Dal WAO Romolo C30 esce dunque un messaggio netto: l’Italia delle infrastrutture possiede già isole di eccellenza; ora serve un arcipelago connesso, dove strade, ferrovie, aeroporti e territori parlano la stessa lingua di dati, gemelli digitali e impronte carboniche ridotte. IRIDE Circular Lab è il luogo – circolare, appunto – dove quell’arcipelago comincia a prendere forma.