Permitting: autorizzare il futuro

Il permitting è la rete di pareri e/o autorizzazioni che attesta la coerenza e la compatibilità di un'opera con ambiente, con il territorio e con le condizioni di sicurezza. Attivarlo tempestivamente e gestirlo in modo strutturato consente di trasformare norme e controlli in un acceleratore di qualità, sostenibilità e tempi certi di realizzazione. A cura di Mauro Di Prete, direttore tecnico e founder Istituto Iride.

Sebbene la lingua italiana offra mille sfumature, a volte è difficile condensare un concetto in modo efficace. L’inglese, in questo senso, può essere più immediato. Prendiamo “permitting”: in italiano significa letteralmente “permettendo”, ma nel nostro contesto indica il processo con cui si autorizza e rende possibile la realizzazione di un progetto.

Il punto è proprio questo: chi propone un’idea, una soluzione o un’iniziativa – piccola o grande che sia – deve pensarla fin dall’inizio in funzione della sua realizzazione e messa in esercizio, ovvero del suo impatto concreto sul sistema che ne ha generato il bisogno. Serve progettare il progetto.

Quando si concepisce un edificio, un impianto produttivo o un’infrastruttura, creatività, calcoli strutturali e aspetti tecnici non bastano. C’è un secondo livello da integrare: quello del confronto con il contesto, della condivisione e del completamento del permitting, che a sua volta può influenzare le scelte progettuali iniziali. Senza questa “patente”, anche il progetto più innovativo resta bloccato allo stadio preliminare.

L’esperto di permitting non è un burocrate né un compilatore di moduli. È un membro attivo del team di progettazione, chiamato a collaborare sin dall’inizio per impostare correttamente la documentazione destinata agli enti valutatori. Ma il suo ruolo va oltre la tecnica: partecipa alle scelte strategiche, aiutando a definire come un progetto possa risultare accettabile, condivisibile e sostenibile.

L’esperienza insegna che un’opera non deve solo essere “utile” o “corretta” dal punto di vista tecnico. Deve anche rispondere a un’esigenza collettiva, tenere insieme funzione e senso. Una strada, ad esempio, non deve solo ridurre i tempi di percorrenza: deve ricucire il territorio, favorire l’inclusione sociale, migliorare l’equilibrio ecologico e la biodiversità, essere resiliente. Tutto questo va pensato fin dall’inizio, coinvolgendo nel gruppo anche chi si occupa di permitting.

Con l’avanzare del dibattito sulla sostenibilità, questo approccio è ancora più urgente. Un’opera non diventa sostenibile con mitigazioni o compensazioni posticce. Lo è se nasce da obiettivi coerenti e correttamente impostati sotto il profilo ambientale, tecnico e sociale, che guidano l’intero processo: dalla progettazione alla gestione.

Preparare un progetto vuol dire prevedere le domande che emergeranno. Proprio come si riempiono le valigie in base alla destinazione – mare o montagna – anche in fase progettuale bisogna ragionare sulle “condizioni del viaggio” e attrezzarsi di conseguenza.

Chi può davvero permettersi di ignorare le esigenze degli stakeholder? O di sottovalutare le informazioni che servono a chi dovrà valutare il progetto? Affidarsi all’esperienza di chi segue il permitting è essenziale per garantire il successo dell’iniziativa.

Allo stesso modo, il tecnico del permitting deve restare coinvolto nel processo progettuale, contribuendo a orientare le scelte, segnalare i rischi, valorizzare i punti di forza. Talvolta è chiamato a frenare l’impeto creativo, altre volte a sostenerlo e a fornire gli elementi che rendono il progetto solido, condivisibile e difficilmente respingibile. Ma deve anche mantenere equilibrio: non farsi trascinare in formalismi inutili, che rallentano il dialogo con gli enti, né accontentarsi di frasi tipo “facciamocelo chiedere”. Serve misura, consapevolezza, capacità di visione.

Questo vale per qualsiasi ambito, in ogni contesto. Oggi, di fronte alle sfide climatiche e all’urgenza della transizione, serve accelerare l’individuazione di soluzioni efficaci: impianti per le energie rinnovabili, reti intelligenti, infrastrutture resilienti. Ma velocità non può significare approssimazione. Il permitting esiste proprio per garantire che la transizione non sacrifichi paesaggio, biodiversità, salute pubblica o norme urbanistiche. Se impostato bene, può diventare un moltiplicatore di efficienza: previene ricorsi, blocchi in cantiere e varianti onerose.

Quando occorre attivarlo e come funziona

Il permitting va considerato ogni volta che si progetta un’opera, sia nuova sia da riconvertire. Se si prevedono impatti diretti o indiretti, aumentano anche le valutazioni e le richieste da gestire.

Tra i casi ricorrenti ci sono il movimento terra in aree vincolate, le emissioni in atmosfera, le modifiche all’assetto idraulico, l’installazione di elementi su larga scala, l’ampliamento di opere esistenti e la riconversione di sistemi produttivi. Anche interventi apparentemente minori – come un impianto fotovoltaico su copertura o un sistema di accumulo elettrico – possono richiedere un aggiornamento delle autorizzazioni.

Il processo ruota attorno a tre domande fondamentali: che effetti avrà il progetto? come lo si realizza e si gestisce? servono controlli preliminari o integrazioni? In base alla scala e alla localizzazione dell’intervento cambiano gli attori coinvolti – ministeri, regioni, comuni, enti ambientali – così come cambiano i titoli autorizzativi richiesti: Autorizzazione Unica, Autorizzazione Integrata Ambientale, Compatibilità ambientale, permesso di costruire, nulla osta paesaggistico, pareri delle ASL o di altri enti statali.

Capire fin da subito quali percorsi seguire è la chiave per rispettare le scadenze.

Le autorizzazioni più ricorrenti

Nella pratica quotidiana, i titoli più frequenti includono l’Autorizzazione Unica – fondamentale per impianti energetici e infrastrutture complesse –, l’Autorizzazione Integrata Ambientale, l’Autorizzazione Unica Ambientale e il PAUR, oltre alla classica catena di autorizzazioni edilizie. A questi si affiancano le valutazioni ambientali – come VIA, VAV o screening – da attivare se l’opera supera soglie normative o si colloca in aree protette.

Oltre a questi, vanno considerati altri permessi e pareri da integrare o aggiornare, come l’Autorizzazione paesaggistica, la VINCA, i piani per la gestione delle terre e rocce da scavo, le conformità acustiche ambientali e le eventuali deroghe ai limiti di rumorosità. Individuare fin dall’inizio la combinazione giusta consente di evitare rimpalli, ritardi e carenze documentali.

 

Il nodo dei tempi: affidarsi a partner esperti

In Italia, ottenere un via libera può richiedere da pochi mesi a oltre tre anni. Secondo l’analisi Renewable Thinking 2024, nel settore eolico si arriva spesso a oltre 50 mesi, contro i 24 previsti dalla normativa europea. È un ritardo che pesa sull’obiettivo nazionale dei 66 GW di rinnovabili al 2030.

La risposta non è aggirare le regole, ma conoscerle, pianificare ogni passaggio e dialogare da subito con le istituzioni. In questo senso si inserisce l’esperienza di IRIDE – Istituto per la Ricerca e l’Ingegneria dell’Ecosostenibilità, che lavora a stretto contatto con progettisti, studi tecnici e imprese coordinando studi ambientali, relazioni tecniche, iter autorizzativi in Conferenza dei Servizi e, infine, la consegna digitale sul portale “Permitting” del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. L’obiettivo è trasformare procedure complesse in percorsi chiari, tracciabili e più rapidi.

 

Verso il permitting digitale

A partire da dicembre 2024, tutte le richieste di Autorizzazione Unica per i sistemi di accumulo stand-alone devono essere presentate attraverso il portale ministeriale dedicato. La digitalizzazione sarà progressivamente estesa ad altre tipologie di impianti. Questo implica meno carta, modelli standardizzati, monitoraggio digitale delle scadenze, ma soprattutto un cambio di mentalità, prima ancora che di piattaforma.

 

Una leva, non un ostacolo

Pensare al permitting come a un semplice adempimento formale è il modo più diretto per bloccare un progetto. Integrarlo invece nel concept progettuale permette di ottimizzare layout, materiali, impatti acustici, consumi idrici e mitigazioni paesaggistiche. In breve: costruire meglio.

Autorizzare il futuro significa proprio questo: garantire che innovazione, impresa e sostenibilità procedano insieme, senza compromessi.

 

Quando partire, in concreto

Il permitting non si attiva a progetto definito, ma deve essere integrato fin dalle primissime fasi. Confrontarsi fin da subito con gli enti competenti consente di individuare eventuali criticità ambientali, vincoli o esigenze documentali prima che il progetto prenda forma definitiva.

In questa prospettiva, occorre progettare il progetto, ovvero predisporre fin dall’inizio tutti gli elementi utili a facilitarne l’autorizzazione. Questo approccio evita rielaborazioni, fa risparmiare tempo prezioso e permette di affrontare l’iter autorizzativo con maggiore consapevolezza, coerenza e completezza.